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lunedì 31 luglio 2017

Zucchine baby in salsa d'uva acerba


Questa semplice e insolita insalata di zucchine baby sono uno delle proposte gourmet ereditate dal nonno materno. Zucchine in salsa d'uva acerba, crema di mais addolcita con la sapa, insalata di arance e cipolle, melone e feta: tutti piatti, sapori, abbinamenti che portano la sua firma nelle memorie della mia infanzia. Quando si metteva su una grigliata di pesce fresco, lui mi faceva raccogliere le zucchine piccole e tenere dall'orto, indicandomi quelle che andavano meglio, le portavo da nonna che le metteva a bollire mentre lui mi spiegava che il grappolo d'uva (bianca nel nostro caso) doveva essere un po' acerbo e naso all'insù me lo faceva scegliere dalla pergola di vite dove da lì a poco sarebbe stata allestita sotto la tavolata per il pranzo.
Mi rendo conto che per gustare a pieno le zucchine baby in salsa d'uva acerba bisognerebbe possedere un orto e una vite nel momento giusto, ma  poichè non tutti possono, fatte del vostro meglio accontendandovi di ciò che offre il mercato, come ho fatto io d'altronde.





Ingredienti:
  • mezzo chilo di zucchine baby
  • 1 grappolino di uva (acerba se possibile)
  • 2 cucchiaite di olio extravergine d'oliva
  • qualche goccia di limone


Esecuzione:

Private le zuccine del gambo e del fiore, lavatele e mettetele a bollire in acqua salata. Appena pronte scolatele con attenzione, perché non si disfino e mettetele sul piatto di portata, intere o divise in tre parti.
Spremete l'uva, filtrate il succo e raccoglietelo in una coppetta di vetro. Aggiungete l'olio extravergine e qualche goccia di limone e con una forchetta sbattete l'emulsione. In alternativa mettete in un barattolo di vetro dotato di coperchio e scecherate bene.
Contite le zucchine baby e gustatele come insalata o contorno per grigliate di pesce arrosto alla greca.





venerdì 21 luglio 2017

Spezzatino di manzo con pasta


 Moscharàki kokkinistò me makarònia: un piatto unico direttamente dalle ricette tradizionali della cucina greca. Come fare lo spezzatino di manzo alla greca vi avevo già parlato qua. Se avete intenzione di assaggiare un altro piatto tipicamente greco, cioè spezzatino di manzo con pasta, non avete che preparare lo spezzatino seguendo la ricetta greca, allungarlo con 3 - 4 tazze di acqua bollente, cuocere la pasta direttamente dentro e condire sempre e ricorosamente con un buon pecorino grattugiato.
Per lo spezzatino scegliete un pezzo con tanto tessuto connettivo che farà risultare il vostro spezzatino veramente succulento e non fatte mai mancare il trio cannella-alloro-pimento se veramente volete ottenere un sapore greco.
La pasta da scegliere sono dei bucatini di grano duro, di ottima qualità e il pimento si trova in tutti i negozi che vendono spezie e prodotti per cucina etnica. Cercate quello più vicino a voi e rifornitevi.
Non dimenticatevi di togliere i grani di pimento una volta ultimata la cottura dello spezzatino e prima di aggiungere la pasta, oppure di avvertire  i commensali della loro presenza in modo che li scartino loro se li trovano sul piatto.




Ingredienti:
  • 500gr di carne di manzo (guancia o copertina di spalla) 
  • 1cipolla
  • 1 spicchio d'aglio
  • 100ml di olio extravergine d'oliva
  • 2 bicchieri di acqua calda
  • 1 pezzettino di una stecca di cannella
  • 1 foglia di alloro
  • 4-6 grani di pimento (si chiama anche pepe garofanato o pepe giamaicano)
  • 1 cucchiaino di sale
  • 1 bicchiere di passata di pomodoro oppure 4-5 pomodori freschi da sugo oppure 1-2 cucchiaiate di concentrato di pomodoro diluite in un bicchiere d'acqua
  • 3-4 tazze di acqua bollente
  • 2 pizzichi di sale
  • 400g di bucatini
  • pecorino grattugiato

Esecuzione:  

Mettete nella pentola l'olio e appena si scalda bene aggiungete la carne tagliata a pezzetti, girandola in modo che venga sigillata da tutte le parti.
Aggiungete la cipolla grattugiata e l'aglio tagliato fine, l'alloro, la cannella, il pimento (indispensabile!!!), i due bicchieri di acqua calda. Abbassate il fuoco al minimo, coprite la pentola e lasciate andare per 40 minuti. Dopodichè controllate se sia il caso di aggiungere un po' di acqua ancora. Aggiungete la passata di pomodoro e il sale e lasciate cuocere per altri 40 minuti sempre  coperto e a fiamma bassissima.


Una volta pronto il vostro spezzatino, aggiungete 3-4 tazze di acqua sempre bollente e buttate dentro i bucatini,aspettando che si ammorbidiscano e mischiandoli con una forchetta in modo da separali tra loro. Mischiate spesso e cuocete a fuoco basso per il tempo che serve alla pasta (sarà un po' di più di quello indicato sulla confezione), regolando l'acqua o la fiamma fino a cottura della pasta ultimata e il quasi totale assorbimento del sughetto.
Servite subito e non dimenticatevi del pecorino!


 

martedì 18 luglio 2017

Pita, pane azzimo, storia ed evoluzione


Pita o meglio dire pitta,  perché così si scriveva dall'antica Grecia fino qualche anno fa  il nome di questa preparazione, che arriva dall'arte culinaria degli antichi greci fino ai giorni nostri. Vediamo insieme il viaggio della pita quindi e le sue evoluzioni sia linguistiche che di preparazione.
Pitta si scriveva e si chiamava in greco antico una preparazione di panificazione veloce senza lievitazione di forma tonda e appiattita cotta su lastre di pietra roventi che si trovano tuttora tra i reperti archeologici. Era una preparazione culinaria di panificazione primordiale, comune in molti popoli. Impasto con acqua e farine di cereali, a forma rotonda e appiattita a partire dall'antichità e arrivando fino ai nostri giorni si riscontra in molte civiltà: chapati o chapatti, rumali, puri o poori, phulkas, tortillas e altri.
Sopra la pitta si mettono pezzi di carne, ortaggi, verdure, qualche volta perfino pezzi di pesce e si usa a volte al posto del piatto.  Già dall'antichità si affina la preparazione della pitta e si arriva a coprire con una seconda sfoglia sopra e poi a tirare delle sfoglie più sottili,  sovrapporrle e cuocere la pietanza non più su pietre roventi ma in forno.


Si arriva quindi a fare delle torte salate per dirla all'italiana, con ricette di ripieni sempre più precise ma si continuano anche a chiamarsi pitta tutte le preparazioni (dolce e salate) che hanno forma appiattita e tutte le torte (pitte appunto) derivanti dall'antica preparazione del  πλακοῦς (placenta, tipico piatto ateniese). Nel frattempo dagli Egizi, intorno al 3500 a.C. arriva la fermentazione con cui un impasto lasciato all'aria e cotto il giorno dopo ne risulta un pane più soffice e fragrante. A naan (pane arabo) e a roti (pane indiano), tutti inizialmente prodotti di panificazione azzima, viene aggiunta la lievitazione. La pitta invece segue un altro percorso. Con nome pitta restano le torte salate o dolci e la pitta azzima esce di scena, lasciando il posto al pane lievitato anche se i più anziani ne conservano memoria (mia nonna nel 2007 mi raccontò che delle volte, in mezzo alle montagne, pascolando le greggi le preparavano ancora quando non avevano con sè pane lievitato, portato da casa.). Dall'Egitto l'arte della panificazione passa in Grecia. I greci diventano ottimi panificatori, e ne producono più di 70 qualità. Aggiungono alle ricette di base ingredienti come: latte, olio, formaggio, erbe aromatiche e miele. E sono anche i primi a preparare il pane di notte.(Fonte: Wikipedia) Tuttavia la pitta lievitata, quella che avvolge il famoso gyros o souvlaki per intenderci,  arriva in Grecia tra il 1924 e la seconda metà dell'1900 portata (dicono) dai greci dell'Asia minore e di Alessandria d'Egitto (città fondata appunto da greci)   Dicono anche che sia un misto di influeza tra pane arabo e pane gallette, portato dai militari italiani. In effetti la pita di souvlaki e di gyros è un pane lievitato, piatto ma bucherellato, da non confondere col pane arabo.

Pita per souvlaki. Foto presa dal web.

Come adesso dalla pitta, si arriva alla pita? Il significato non cambia. Indica sempre una cosa piatta, spianata. Si usa anche metaforicamente per indicare lo stato di ebbrezza dove le facoltà mentali e fisiche sono spianate dai fiumi etilici in circolo. "Sono pita" dirà un ubriaco per dire che si sente a terra.
L'ortografia di una parola invece dipende dalla sua etimologia. Dipende cioè dallo studio dell'origine e della storia della parola. Fino all'altro ieri (a me classe 1976 era stato insegnato che si scrive con due T, perché proviene dal greco antico pitta o pissa. "Πισσοειδής πλακούντας" (pissoeides placenta) era chiamata la lastra di pietra che diventava rovente e con l'uso assumeva una colorazione nera (come il catrame, in greco pissa) dove sopra si cuoceva l'impasto scuro e denso col quale si facevano nell'antica Atene delle spianate (prima azzime, poi anche lievitate)  che venivano poi condite con miele o farcite con frutta secca e miele, formaggio, pezzi di verdure o carne ecc. Così la pietanza prende il nome di questa lastra di pietra e diventa il nutrimento principale, tanto da dare il nome anche all'organo che fornisce ad ogni nuova vita il suo primo nutrimento (placenta appunto) Nel dialetto ateniese la doppia SS è interscambiabile con la doppia TT. "Nel dialetto attico si diceva pitta o pissa la pietanza del placunta (la focaccia per gli antichi romani)" ci insegnò la professoressa di greco antico al liceo classico. Poi, gli studiosi cambiarono le carte a tavola. Iniziano a supporre che forse pitta proviene dal latino pecta che a sua volta proviene dal greco πηκτός (denso) quindi l'origine e la storia della parola non è certa. Secondo le regole grammaticali, quando l'origine di una parola non è certa si semplifica al massimo la sua scrittura ed ecco che io mi trovo a dover scrivere "pita", malgrado mi era stato insegnato che si scriveva "pitta" Chi sa cosa penserebbero i Calabresi se lo loro "pitta china" (che guarda caso assomiglia tanto alla pitta greca nella sua forma più antica) perdesse una T o cosa penserebbero i Napoletani se la pizza perdesse una Z, dato che pure l'etimologia della parola pizza è incerta!
Comunque beccatevi questa ricetta (senza foto, perché per errore le ho cancellate formatando la memoria della scheda della macchina fotografica, convinta di averle già trasferite...) di queste squizite spianatine di pane azzimo, cotte in padella e condite con pomodoro, e formaggio Asiago e chiamatele come volete! Mia nonna le chiamava pittes (plurale di pitta).


Ingredienti:
  • 500gr di farina 00
  • 300ml di acqua circa
  • 1 cucchiaino di sale
  • poca farina ancora per aiutarvi a scendere la pasta
  • condimenti di vostro gusto (io formaggio Asiago, pomodoro e origano.)
Esecuzione:
Impastate la farina con l'acqua e il sale, coprite con la pellicola per alimenti e lasciate riposare per un ora.
Prelevate una quantità simile ad una pallina da ping pong o poco più grande, infarinatela e appiattitela con le mani o con un mattarello. Scaldate bene una padella antiaderente, togliete la farina in eccesso e mettete a cuocere la vostra pitta. Quando comincierà a gonfiarsi, premetela leggermente per obbligare il vapore interno a circolare bene facendola gonfiare uniformemente ma se ciò non succede non fa niente. E' buona lo stesso.
Giratela e condite il lato già cotto con tutto quello che desiderate! Io ho messo formaggio Asiago che si fonde che è una meraviglia, fette di pomodoro e pizzico di origano.

Escono 14 piadine, spianate, pitte o pite, chiamatele come volete!

Presto rifarò le foto...

mercoledì 12 luglio 2017

Brebeiburger


Brebei in sardo vuol dire pecora. Brebeiburger è la sfiziosa idea di un locale di Cagliari che propone squisiti hamburger preparati a regola d'arte, con materie prime ottime e arrostiti con la grande maestria sarda. Si chiama Squisito Tramezzineria e se capitate in vacanza a Cagliari, cercateli! Non li sto facendo pubblicità su commissione(sono pure ignari del mio post). Mi sono capitati davanti durante la Fiera del gusto, tenuta a Cagliari i primi di Giugno 2017 e ho avuto modo di sentirne profumi, osservare il loro lavoro e dato che li sto rubando l'idea mi pare giusto informarvi su dove potete trovare gli originali brebeiburger!  La ricetta che vi do è quella di Apriti Sesamo, quindi c'è sempre una base di cucina greca. Ho usato la ricetta degli hamburger con macinato di manzo, sostituendo la carne con macinato di pecora, fatto con polpa privata dal grasso e macinata due volte. Li ho accompagnati con patate fritte fresche, pomodoro, lattuga e con una salsetta fatta con melanzana affumicata e yogurt greco, della quale vi darò più in là la ricetta, ma ci sta divinamente anche tzatziki. In un paese agropastorale come la Grecia, la carne di pecora si usa non solo per i bolliti ma anche arrosto sulla brace. Brebeiburger però mancavano all'appello e non vedo l'ora di preparali e farli assaggiare a mio fratello, cuoco e pastore dilettante! Eccoli qua i miei brebeiburger e se capitate a Cagliari passate dalla Squisito Tramezzineria (indicazioni trovate sia su Google che su Facebook) per assaggiare un prodotto locale della Sardegna che merita!


Ingredienti:
  • 800g di carne di pecora macinata
  • 110g di pangrattato
  • 1 uovo
  • 1 cipolla bianca piccola grattugiata
  • 12g di sale
  • 1 cucchiaino di origano
  • 2 cucchiaini di prezzemolo
  • pepe nero macinato
  • 270ml acqua

Esecuzione:

Impastate bene tutti gli ingredienti insieme e lasciateli in frigo per almeno 4 ore. Togliete, formate 8 palline grandi e schiacciatele bene per formare gli hamburger.


Cuocete sulla griglia ben calda a fuoco medio girando un paio di volte per lato. Tempo di cottura complessivo, 10-12 minuti circa.


Mettete birre in frigo con largo anticipo!

 

martedì 4 luglio 2017

Melone e feta


Così si risolvevano molte cene estive di mio nonno. "Melone e feta e sono apposto" diceva. Il suo non era un ordine. Non poteva fare a meno che chiedere. Un ictus a 54 anni lo aveva lasciato invalido per tutta la parte sinistra. Il medico della piccola comunità montanara gli aveva dato tre mesi di vita ma mia nonna non era d'accordo. Per tre mesi lo accudì come solo un'infermiera professionale può capire cosa vuol dire accudire un adulto con mezzo corpo paralizzato... Trascorsi i tre mesi gli disse: O muori o ti alzi. Io non ce la faccio più. E lui piangeva come un bambino. Se lo caricò sulla schiena e lo trasporto fuori casa. Gli legò la gamba sinistra con la corda con la quale legava la capra e in ogni suo passo, tirava la corda per fargli muovere la gamba, come se fosse il filo di una marionetta. "Ma per tre mesi non ho lasciato che i muscoli si atrofizzassero! Facevo così, così, così..." mi confidava. "Anche se il medico aveva detto che sarebbe morto, a me serviva vivo!" E così lui reimparò a mangiare, parlare e infine camminare, anche se zoppicando e aiutandosi con un bastone. Tagliare però non era roba facile, aveva bisogno d'aiuto, perciò chiedeva.
Melone e feta nella cucina greca è una cena estiva molto diffusa, anche se alcuni preferiscono l'anguria con feta e la mia bisnonna cenava meglio con fichi e pane.
Avrei potuto aggiungere qualcosa per dare la parvenza di una mia stravaganza culinaria, per poter vantare un mio contributo geniale, invece no. Volevo soltanto farvi conoscere una abbinamento classico nel quale trovo sublime il confronto dialettico tra le parti. Due sapori opposti che dialogano tra loro e si assapora proprio quel loro dialogare. E' strano come e la dolcezza del melone decompone il formaggio e esalta la qualità del latte col quale è stato prodotto. Si riencono a sentire profumi floreali del pascolo e nello stesso tempo come risposta la sapidità del formaggio accentua ed esalta il profumo del melone. Dolce e salato in un rapporto dialettico, come salita e discesa nell'espressione di una scala. Abbinamento minimal ed essenziale, come cacio e pere, melone e prosciutto. Non servono altri fronzoli.
Accompagnate gli aperitivi estivi o semplicemente fatevi una cena minimalista e gustate un sapore nuovo e allo stesso tempo antico!




Ingredienti:
  • melone ben maturo, sodo, dolce e profumato
  • feta



Esecuzione:

ATTENZIONE! La feta per essere gustata come si deve, va prima lavata sotto l'acqua corrente. Non si muore se si mangia anche la salamoia, ma non la si gusta pienamente.
Quindi lavate e asciugate la feta tamponandola con un pezzo di carta da cucina.
Tagliate il melone e la feta a cubetti e alternateli su degli spiedini di bambù, oppure tagliate semplicemente il melone come più vi garba e giocate sulla quantità di feta da  sbricciolare sopra.
Importante che il melone sia di ottima qualità, della giusta freschezza e maturazione!




domenica 2 luglio 2017

Insalata Caprese



Più che una ricetta questa vorrebbe essere l'elogio di un'insalata che adoro! Nel periodo dei pomodori baciati dal sole, nel periodo che profuma di basilico sul davanzale della finestra, questa insalata diventa per me piatto unico! Più che per mostrare a qualcuno come si fa la caprese, questo post è per lucidarci gli occhi, per condividere freschezza, sapore e profumi, per esultare: Evviva è estate! Ed estate vuol dire Caprese!
Ovviamente nella mia insalata Caprese c'è il giusto tasso di promiscuità:  la mia Caprese è condita con origano raccolto da me a monte Pelion, la montagna dei Centauri,  e l'olio è quello greco extravergine d'oliva. Il pomodoro è sardo, di coltivazione biologica, il basilico genovese ma vi assicuro che la mozzarella è campana (anche se non di bufala). Importante che tutti gli ingredienti siano di ottima qualità e freschezza! 


Ingredienti:
per persona
  • 1 pomodoro maturo, ma sodo e compatto
  • 1 mozzarella di bufala o quella che più vi piace
  • foglie di basilico napoletano ma se non avete va bene anche il basilico genovese
  • origano
  • olio extravergine d'oliva


Esecuzione:

Tagliate a fette la mozzarella.
Lavate e asciugate delicatamente le foglie di basilico.
Lavate e asciugate il pomodoro. Tagliatelo a fette dello stesso spessore della mozzarella. Se il pomodoro lascia liquido vuol dire che non è bello compato come dovrebbe! Fatte qualcosa altro e prossima volta sceglietene uno maturo ma sodo e compatto.
Disponete sul piatto di portata alternando basilico, mozzarella e pomodoro e condite con origano. Mettete in frigo per un ora e prima di servire condite con un filo di olio d'oliva extravergine di ottima qualità e pizzico di sale all'occorrenza.

sabato 1 luglio 2017

Polpo con pasta corta


Ctapodi me koftò makaronaki un piatto classico mammesco della cucina greca! Polpo al sugo, speziato alla greca e con la pasta cucinata dentro la pietanza! Un comfortfood per chi ama questo prelibato mollusco. La ricetta è presso che identica con la ricetta di polpo al sugo, con piccole differenze determinate dalla pezzatura del polpo e dalla quantità di pomodoro che si usa. Per fare il polpo con pasta corta si preferisce un polpo di un chilo, un chilo e due, non di più e la pasta corta che si usa sono i ditali di grano duro non rigati (io ho usato rigati perché quelli ho trovato) Si accompagna il piatto con feta e molti (come fanno i miei figli) la preferiscono sbicciolata dentro. E' una ricetta tradizionale di piatto unico che, essendo il polpo un animale privo di sangue e senza l'aggiunta della feta (prodotto di origine animale) fa parte dei piatti della Quaresima e dei digiuni ecclesiastici.
Veniamo al polpo! Fresco o surgelato? Se optate per il fresco tenete conto che necessita di battitura in modo che le fibre vengano spezzate e le carni ammorbidite. Altrimenti affidate questo duro lavoro al congelatore che lo farà al posto vostro.



Ingredienti per 6 persone:
  • 1 polpo di 1-1,2kg
  • 500g pasta corta (ditali lisci)
  • 1 cipolla
  • 1 spicchio d'aglio
  • 100ml  olio extra vergine d'oliva
  • 1 foglia di alloro
  • 1 pezzettino piccolissimo di una stecca di cannella (quella che vedete nelle mie foto è sempre cannella cassia se avete cannella di ceylon è meglio)
  • 3-4 grani di pimento (chiamato anche pepe garofanato o pepe giamaicano)
  • 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro (se non avete la vostra produzione preferite sempre prodotto locale)
  • Eventualmente sale
  • Feta facoltativo

Esecuzione:
 
Private il polpo dagli occhi, dal becco e dal contenuto della sacca. Lavatelo bene e mettetelo in una pentola con copercchio. Ponete su fuoco moderato e lasciatelo buttare fuori la sua acqua e cuocere per 10 minuti. Se serve aggiungete mezza tazzina d'acqua.

Toglietelo dalla pentola conservando l'acqua e tagliatelo a pezzetti.

Nella stessa pentola mettete l'olio a scaldare, e rosolate la cipolla grattugiata e l'aglio. Aggiungete i pezzi di polpo, la foglia di alloro, il pezzo di cannella, il pimento, e l'acqua della cottura precedente.
 

Lasciate cuocere per altri 20-30 minuti a pentola coperta e fuoco basso, finchè i tentacoli risultano morbidi.

Quando dal polpo mancano 12-14 minuti di cottura, aggiungete un po' di acqua bollente, una cucchiaiata di concentrato di pomodoro (oppure pomodoro fresco se volete) e appena bolle buttate la pasta.



Ricordatevi di assaggiare prima di aggiungere sale, perché il polpo è già salato di suo!

Tirate a cottura la pasta che avrà bisogno di qualche minuto in più di quello scritto sulla confezione. Aggiungete acqua bollente all'accorrenza e mescolate perché non si attacchi sul fondo della pentolla. Lasciate un pò di sughetto, servite caldo e provatelo con feta!