Della mia ovviamente, quindi la ricetta è di nonna Marigoùla. Un soffice ciambellone, profumatissimo e gustoso come (per me) nessun altro, concedetemelo! Questa è la prima ricetta vera nella quale ricordo di aver messo le mani. La mia cucina agli esordi era vegana e di alto livello; coi i petali dei fiori del giardino facevo dei minestroni coloratissimi come certi piatti che si vedono ultimamente in giro. Con foglie di castagno facevo gli involtini di erbe e imboccavo la capra di nonna. Le bucce di patate le facevo bollire con poca acqua (con la sua supervisione sempre) e appena si sfreddavano si aggiungeva la crusca e le galline impazzivano. Un misto di riso e briciole di ogni genere era il mangime da spargere intorno ai grandi formicai e una volta preparai anche dei biscottoni impastando acqua, farina, zucchero, lenticchie, pastina e crusca e lasciando tutto asciugare sotto il sole cuocente d'Agosto. Le torte si facevano di terra setacciata, foglie di basilico, more e venivano cosparse di sciroppo per la tosse rubato dalla bisnonna. Ma il ciambellone nonna me lo faceva fare per davvero e si partiva dal "vai al pollaio a prendere le uova". Mi lavavo bene le mani e con una mano tenevo sul grembo la bacinella con l'altro mischiavo uova e zucchero fino a fare la cremina bianca e spumosa. A quel punto secondo me era pure pronta per essere mangiata ma la nonna diceva di no. Di quel ciambellone ricordo i passaggi della preparazione tutta rigorosamente fatta a mano e il profumo ma per le dosi mi sono aggiustata. Fondamentale e determinate il latte di capra e i due pizzichi di sale.
Così, identico lo preparai tanti anni fa in Africa insieme alle bimbe più grandi di un orfanotrofio per bambini sieropositivi. Anche loro avevano lavorato l'impasto a mano con tanta energia, chiacchiere e risate e forse quello era un ciambellone ancora più saporito di quello di nonna, perché gustato in compagnia di 50 piccole pesti con della gioia indescrivibile sui loro visi, mentre tenevano tra le mani una piccola e unica fetta.
Ingredienti:
Per misurare usate una tazza da tè. Modo empirico e vecchio ma funzionale!
- 2 tazze di zucchero (non colme, modeste)
- 4 uova fresche
- 125g di burro
- 1 tazza LATTE DI CAPRA
- 3 tazze di farina 00 (io uso farina di riso)
- mezza tazza di amido di mais
- 2 pizzichi di sale
- 2 cucchiaini colmi di lievito in polvere (1 bustina quasi)
- 1 vanillina o scorza di limone
Esecuzione:
Con le fruste elettriche lavorate le uova con lo zucchero finché non diventano una spuma quasi bianca. Aggiungete il burro sciolto e il latte a temperatura ambiente.
Mettete la vanillina o la scorza di limone e la farina setacciata con l'amido di mais e il lievito.
Versate in uno stampo per ciambellone che avete precedentemente imburrato e infarinato prelevando un po' degli ingredienti della ricetta e mettete a cuocere in forno statico (la nonna usava forno a legna...) prescaldato a 180°C per 40 minuti circa. In ogni caso fate la prova stecchino: infilate uno stecchino e badate che sia asciutto e pulito quando lo tirate fuori. Solo allora il ciambellone della nonna è pronto! Lasciate sfreddare leggermente e poi capovolgete sopra una grata in modo che sfreddi completamente senza bagnarsi dalla condensa dei vapori.
"Patatokolokythotiropita" direbbero i greci improvvisando ma noi chiamiamola semplicemente doppia pita! Delle pite, pietanze tradizionali della cucina greca vi avevo parlato QUI e QUI e ve ne parlerò molte altre volte ancora, dato che stanno entrando sempre di più in circolo anche nella cucina italiana. Questa pita è fatta in modo tradizionale, ha due ripieni tradizionali ma è tuttavia una stravaganza di Apriti Sesamo e ne seguiranno altre. Tradizionalmente kolokythopita (torta di zucca) e tiropita (torta di formaggio) si uniscono e così troviamo la kolokythitiropita ma ho voluto strafare e ho unito anche la patatopita. Ripieno goloso anche se a mio parere un po' troppo altino. Comunque, vi do la ricetta così come l'ho fatta e la prossima volta uso una teglia più larga, così la pita esce più bassa e la pasta fillo si sente ancora di più!
Ingredienti:
per 8 fogli di pasta fillo rustica
- 250 g farina di semola rimacinata
- 250 g farina 00
- 4 cucchiaiate di olio extravergine d'oliva
- 2 cucchiaini di aceto
- 5 g di sale
- 250 ml di acqua
- amido di mais per aprire le sfoglie
per il ripieno 1
- 600 g di patate
- 100 g di pecorino
- 2 rametti di menta fresca
- 1 uovo
- 2 g di sale
per il ripieno 2
- 500 g di zucchine
- 200 g formaggio feta
- 1 uovo
- mezzo cucchiaino di sale
- 1 cipolla piccola
- 3 cucchiaiate di pangrattato
- qualche fogliolina di menta fresca
- 2-3 cucchiaiate di olio d'oliva extravergine
Esecuzione:
Per prima cosa preparate l'impasto per la pasta fillo rustica: Formate un cratere nel cumulo delle farine setacciate e versate il sale, l'olio, l'aceto e l'acqua. Impastate tutto in un panetto che non so per quale magico motivo lasciate cadere dall'alto sul banco di lavoro per una decina di volte, ottenendo alla fine un panetto più omogeneo. Dividete il panetto in 8 pezzi, formate delle palline, ungetele di olio extravergine in superficie e lasciatele riposare per una ventina di minuti, o per il tempo di preparare i ripieni.
Bollite le patate con la buccia, spellatele ancora calde e passatele dal passaverdura.
Unite il pecorino grattugiato, e il sale e mischiate bene.
Infine unite l'uovo e la menta fresca tritata finemente.
Grattugiate le zucchine e la cipolla, mettete in un colino a maglie strette e salate con mezzo cucchiaino di sale. Aspettate qualche minuto e poi strizzatele con le mani per fare perdere tutta l'acqua.
Mettete in una ciotola zucchine e cipolla, la feta lavata, asciugata e sbriciolata, un uovo, 3 cucchiaiate di pangrattato, la menta tritata finemente e mischiate tutto.
Prendete una pallina , schiacciatela con la mano e infarinatela con l'amido di mais. Con il mattarello più fine che avete (in Grecia si usa una verga di 1,5-2 cm) aprite il primo foglio il più sottile possibile utilizzando abbondante amido di mais per far scorrere il mattarello senza che ma pasta si attacchi sul banco di lavoro. Se si apre qualche buco non scoraggiatevi non succede nulla. Stendete il primo foglio sulla teglia precedentemente oleata e proseguite con gli altri tre che compongono la base, spennellandoli sempre di olio.
Adagiate prima il ripieno di patate, stendetelo bene e sopra posizionate il ripieno di zucchine.
Coprite la vostra doppia pita con altri 4 fogli, spennellando sempre in mezzo e specialmente negli angoli, dove si andrà a formare il bordo, altrimenti non cuociono.
Tagliare intorno alla teglia i fogli che avanzano e piegate verso dentro per formare il bordo. Oleate la superficie e incidete bene la vostra pita, senza arrivare a tagliare gli strati della pasta fillo di sotto ne i bordi.
Adesso la vostra pita è pronta per essere cotta o surgelata per essere cotta un secondo momento.
Infornate a 180°C in forno statico scaldato precedentemente, per 50-60 minuti circa se fresca o per 80-90 se surgelata e messa direttamente in forno.
Se scegliete di utilizzare la pasta fillo che si trova in commercio, abbassate la temperatura a 160° e lasciate cuocere fino a doratura desiderata.
E niente, ci sono ricette che passano per vie subconscie e ti arrivano come idee tipo: "faccio una torta di cioccolato con amaretti dentro! Una torta cioccoamaretto!" La pensi tutta, la fai e mentre te la gusti senti che ti arriva una coccola del La Chicchina! Vai sul suo blog con un sospetto, metti nella ricerca "amaretti" e di amaretti e cioccolato non hai che l'imbarazzo della scelta!
E va bene, quante volte questo blog mi ha riportato in mente le parole del mio maestro delle elementari, unico in tutti i sensi: "non esiste pensiero che nessuno abbia fatto prima di voi." Credo fosse la frase più bella che abbia regalato ai suoi alunni, anzi discepoli. E noi nel nostro piccolo abbiamo obiettato: "e gli inventori? Archimede Pitagorico?" "Oh , loro hanno avuto il coraggio di esprimere un idea, di metterla a punto, ma nessuno brilla di luce propria. Ogni vostro pensiero, è stato fatto anche da altri. Non perciò vi appartenga meno, ma bello o brutto che sia non siete stati i soli ad affrontarlo." E questa frase diede l'avvio a tante riflessioni del periodo che stava arrivando a passo spedito: l'adolescenza e in nessuno pensiero non ci si sentiva più soli.
Adesso nell'era della condivisione, dei gruppi social, dell'associarsi e del dissociarsi, adesso che è palese che situazioni, pensieri, stati d'animo, idea si ripetono tali quali ed è chiaro che di originale c'è, eventualmente, solo il modo in cui ognuno affronta le cose, è tutto più chiaro il suo discorso ma allora non era mica così scontato!
Basta, mi sono dilungata troppo come al solito. E' che penso sempre che i miei figli verranno prima o poi a leggere qualche ricette e allora ne approfitto per aggiungere qualche tassello, per passare il testimone di ciò che mi è stato donato...
Tornando alla torta cioccoamaretto, la mia è senza glutine per far fronte alla mia intolleranza e per pura golosità è stata farcita anche con confettura di pere. Eccovi la ricetta:
Ingredienti:
- 160g di zucchero
- 3 uova
- 50g di burro
- 200ml di latte
- 300g farina di riso
- 30g cacao amaro
- 1 bustina di lievito per dolci
- 100g di amaretti piccoli
- confettura di pere a piacere
Esecuzione:
Con le fruste elettriche lavorate il burro a temperatura ambiente con lo zucchero e aggiungete una per volta le uova, formando una crema spumosa e chiara. Incorporate il latte e poi la farina di riso setacciata insieme al lievito e il cacao amaro in polvere.
Infine, aiutandovi con una spatola di silicone incorporate gli amaretti interi. Versate su una tortiera foderata da carta forno e infornate a forno statico prescaldato a 180°C per 40-45 minuti circa. Dopo i primi 35 minuti coprite la torta cioccoamaretti con un pezzo di carta d'alluminio per non farla inscurire troppo sopra.
Una volta fredda, tagliate a metà e farcite con la confettura di pere.
Questa è la storia di un profiterole. Dolce ufficiale di una famiglia improvvisata che per molto tempo ha cercato di combattere le avversità e contrapporsi al destino a colpi di cucchiaiate colme di panna montata racchiusa in sublimi gusci di pasta choux affogati al goloso cioccolato fuso con a volte una nota di rum! Quando ci si trova davanti a due bimbi spaesati, sperduti ma coraggiosi non li si può che premiare con un dolce fatto in casa. Fatto in casa un cavolo... tutto pronto compravo e assemblavo! Trovarsi con due figli dall'oggi al domani e precisamente da Mercoledì a Sabato, non è roba facile. Il primo un tipetto serio, guardingo ci passò davanti andando in bagno mentre l'assistente sociale faceva le presentazioni di rito con la maestra. Salutò l'assistente che ben conosceva con un aria di preoccupazione. Capelli a cresta, collana bianca e colletto del grembiule alzato. L'avevo visto per prima volta sulla parete di casa sua, nelle foto della scuola appese nei muri quando si è andati per conoscere il padre e lì, sui quadri vidi per prima volta i loro visi di bambini. Due scriccioli disse l'assistente e così fu. All'uscita della scuola ci siamo dati il cambio. "Per un po' di giorni starete a casa loro, sono miei parenti" disse il papà e i bambini fecero finta di credergli. Presero due nuove mani sconosciute e attraversarono la strada. Chi non ha mai avuto a che fare con bambini in difficoltà non può capire la forza d'animo che hanno. Affrontano tutto con grande dignità, estrema serietà a forza disumana. Affrontano il mondo e il profiteroles aiuta molto devo dire! Adesso ridono "ma ci facevi il profiterole per distrarci, così ci buttavamo sul mangiare e non ci pensavamo?" Eh, lo so... mezzucci, trucchi da prestigiatrice fallita, magre consolazioni ma golose comunque. In qualche modo andava addolcita e viziata l'avventura del tipetto guardingo e di suo fratello il piccolo principe pieno di domande.
Adesso le cose sono cambiate, gli anni sono passati il tipetto è ormai un giovane uomo e il piccolo principe è sempre meno piccolo e ancor più pieno di domande. Ma un profiterole ce lo vogliamo fare? Urge festeggiare l'essere di maturità per l'uno, urge festeggiare per essere promossi in terza con una media altissima in un liceo difficile e senza aiuti esterni per l'altro. Urge festeggiare i miei figli che chiamano loro "fratelli" e vorrebbero che loro stessero con noi il più possibile, urge festeggiare la promessa data e mantenuta che nulla e nessuno avrebbe mai cambiato quel che siamo stati per 5 intensi mesi: una famiglia.
Questa ricetta di profiterole è semplice dato che si tratta per lo più di uno spudorato assemblaggio, si può tuttavia sempre dare un tocco personale con infinite aggiunte. Questa volta il cioccolato è stato sciolto in latte di cocco e la spolverata di buccia d'arancia abbrustolita è stata la ciliegina sulla torta!
Ingredienti:
- 500ml di panna vegetale già zuccherata
- 200g di bignè piccoli da farcire
- 200g di cioccolato fondente minimo 50%
- 150ml latte di cocco (sostituibili con latte)
- 100ml di acqua (sostituibili con latte oppure latte + rum)
- buccia d'arancia abbrustolita (facoltativa)
Esecuzione:
Con le fruste elettriche montate bene la panna vegetale. Tagliate a metà i bignè, svuotateli da eventuali briciole e riempiteli con abbondante panna montata.
Scaldate bene il latte di cocco con l'acqua oppure la stessa quantità di latte vaccino sciogliete il cioccolato fondente e mescolatelo bene. lasciate che si riprenda per qualche minuto e se lo volete più denso aggiungete 50 g di cioccolato in più.
Versate il cioccolato sopra i bignè e cospargete a piacere con buccia d'arancia abbrustolita, con cocco essiccato oppure con la vostra granella preferita. "Mettete un po' d'amore e il piatto è servito." aggiunge il piccolo principe qui a fianco...
Buon divertimento, alla prossima!
Mi sono capitate quattro bellissime e dolcissime cipolle margherita. Le ultime rimaste da un bustone pieno che è stato mangiato a crudo, messo nell'insalata greca. Non potevano fare fine migliore che essere messe al forno fino a che la loro dolcezza rafforzata dallo zucchero di canna grezzo, caramellasse e venissero condite poi con menta, feta e formaggio filante. Unica pecca che erano solo quattro! Noi ci siamo leccati i baffi. Contorno o antipasto, decidete voi. Ecco la ricetta caso mai incontrasse i vostri gusti:
Ingredienti:
- 4 cipolle margherita
- sale
- zucchero di canna
- 120g di formaggio feta
- olio extravergine d'oliva
- 4 cucchiaini di aceto di vino rosso
- menta fresca
- pepe nero
- 4 fette di formaggio filante (scamorza affumicata per me)
Esecuzione:
Pulite le cipolle incidetele a 8 pezzi, salatele e mettetele in una pirofila. Irroratele con un cucchiaino di aceto a ciascuna, un poco con olio d'oliva extra vergine e cospargete con un poco di zucchero di canna.
Coprite con carta alluminio sigillando bene e mettete in forno a 240°C per 40 minuti circa.
Togliendo la carta alluminio state attenti a non bruciarvi dal vapore.
Condite le cipolle con la feta che precedentemente avrete lavato, asciugato e sbriciolato, con la menta e il pepe nero, meglio se macinato sul momento.
Coprite con una fetta di formaggio filante, per me scamorza affumicata e rimettete al forno fino a far sciogliere tutto. Servite e gustate. Tutto qua. Alla prossima!
In questo periodo faccio colazione sotto il gelso e il pero, insieme a merli e uccelli di tutti i generi che vengono a dividere con me le more. Oggi però li ho traditi con questa tortina al profumo e sapore di banana e cocco, senza uova, senza burro, senza glutine. Ricetta di Apriti Sesamo che ogni tanto sperimenta. Buona devo dire. Non mi aspettavo mi piacesse così tanto. Ecco la ricetta per chi la volesse provare.
Ingredienti:
- 300g di banane mature pesate senza buccia
- 160g di zucchero
- 50g burro di cocco
- 220ml latte di cocco
- 30g farina di cocco
- 50g amido di mais
- 220g farina di riso
- 1 bustina di lievito per dolci
Esecuzione:
Con le fruste elettriche lavorate le banane con lo zucchero fino a che si disfino completamente. aggiungete il burro di cocco, il latte (di cocco sempre) e la farina di cocco essiccato.
Incorporate la farina di riso setacciata insieme al lievito e l'amido di mais, versate a una tortiera foderata da carta forno e cuocete in forno statico prescaldato a 180°C per 35-40 minuti circa.
Ricetta pluri-richiesta e pluri-cercata! Mi è stata chiesta a Natale, a Pasqua, a Capodanno e a Ferragosto, con sole e con pioggia. L'ho fatta e rifatta ma mai fotografata in modo soddisfacente. Kourabiedes (singolare kourabies) sono dei dolci che si preparano a Natale o per altri occasioni di festa. Sono dolci, per favore non chiamatemeli biscotti! Sono dolci dell'epoca in cui i frigoriferi non esistevano. Il loro zucchero a velo non è decorativo ma fa parte della loro essenza! E' quello dal quale prendono la dolcezza. La loro pasta è friabile ma non sono dei frollini. Sono burrosi ma non biscotti al burro! Hanno un procedimento di lavorazione diverso della pasta frolla e sono profumati con una piccola goccia di acqua di rose.
Per preparare kourabiedes si usa il burro chiarificato in miscela tra burro di latte vaccino e burro di latte ovino (che in Italia non trovo, quindi niente miscela per me) in proporzioni variabili che cambiano dalla mano di chi realizza la ricetta dando così il proprio tocco personale.
Kourabiedes potete trovare in forma di mezza luna, forma tonda (come quelli che ho fatto io) ma anche a cuori e stelle se si tratta di kourabiedes di Natale! Li potete trovare con mandorle spelate o non, con noci o nocciole. Quelli che io amo di più e credo siano i più comuni, sono con mandorle spelate e tostate. Sono comunque quelli dei quali vi do la ricetta e che piacciono tanto a tutti quelli che li hanno assaggiati.
Ingredienti:
(34 pezzi circa)
- 250g di burro chiarificato (lo facciamo insieme)
- 450g di farina
- 1 tuorlo
- 30g di zucchero
- un pizzico di sale
- 40ml cognac o brandy
- 100g di mandorle tostate e grossolanamente tritate
- 8g di lievito in polvere
- acqua di rose per uso culinario (altrimenti acqua di fior d'arancio)
- 150g circa di zucchero a velo
Esecuzione:
Come prima cosa chiarifichiamo il burro quindi mettete in un pentolino il burro e scioglietelo a fiamma bassissima oppure al microonde (usando una ciotola di vetro in tal caso) senza mai mescolarlo. Lasciatelo riposare per 20 minuti in modo che l'acqua e le proteine del latte si separino e si depositino sul fondo. Mettete in burro in frigo in modo che i solidifichi e diventa così più facile prelevare solo la materia grassa lasciando sul fondo il liquido bianco. Chiarificando il burro esaltate il suo profumo e aumentate il suo punto di fumo il che non è male dal punto di vista nutrizionale.
Pelate le mandorle immergendole in acqua bollente per 2 minuti, asciugatele, adagiatele in una teglia foderata da carta forno e infornatele a 180°C per 10 minuti circa. Quando si sfreddano tritatele grossolanamente.
Con le fruste elettriche montate bene il burro chiarificato con i 30g di zucchero e un pizzico di sale. Aggiungete il tuorlo e il cognac e appena vengono incorporati iniziate ad aggiungere la farina setacciata insieme al lievito. Infine incorporate le mandorle tritate. L'impasto dei kourabiedes non ha tempo di posa, può essere lavorato subito.
Messo tra due pezzi di carta forno si stende facilmente ad uno spessore di 2cm e tagliato con le formine di mezza luna, oppure formate delle palline, schiacciatele leggermente e mettete a cuocere su forno statico prescaldato a 180°C per una ventina di minuti. NON devono prendere colore che altera il loro sapore e profumo.
Appena tirate fuori la teglia spruzzate con delle minuscole gocce di acqua di rose e spolverate con abbondante zucchero a velo, mentre sono ancora caldissimi. Il vapore che emanano i kourabiedes caldi farà in modo che lo zucchero a velo resti attaccato. Lasciate sfreddare completamente prima di trasferirli perché sono delicatissimi. Se gli dovete offrire o regalare nel momento di ricomporre il piatto di kourabiedes, rinnovate la spolverata di zucchero a velo!
I dolci in Grecia si offrono accompagnati rigorosamente da un bicchiere di acqua fresca e i kourabiedes vanno gustati a piccoli morsi. Non mettete un kourabies intero in bocca che rischiate di restare con la bocca dolcemente impastata di zucchero, burro e mandorle! Gustateli a piccoli morsi!
Un altro grande tradizionale piatto greco! Fagioli giganti plakì che significa al forno in salsa di pomodoro, come si fanno anche sgombri, tonnetti o alici. Lo troverete spesso tra gli antipasti ma è anche un piatto unico, sia come piatto vegano per i giorni dei "digiuni" religiosi, che accompagnato da feta per gli altri giorni, formaggio che potete anche sbriciolare sopra, 10 minuti prima di toglierlo dal forno.
Ricetta tradizionale che fa parte dai cosidetti "piatti all'olio" che significa che la presenza importante di olio extravergine d'oliva in cottura ne caratterizza il sapore.
Piatto forte e popolar nazionale, dato che i greci un tempo consideravano i fagioli piatto dalla marcata nazionalità greca. Negli anni '40 (quando il cibo si sognava più che altro) dicevano "Italiani pastaioli, Tedeschi patatoni e Greci fagioloni" come per dire che in fondo possiamo anche stare sullo stesso tavolo e gustare ciò del quale ognuno è ghiotto invece di farci la guerra. Ecco come preparare i fagioli giganti plakì:
Ingredienti:
- 500g di fagioli giganti secchi
- 150ml di olio extravergine d'oliva
- 1 cipolla grande
- 3 spicchi d'aglio
- 2 peperoni verde friggitelli (io ne avevo uno grande rosso...)
- 600g di polpa di pomodoro
- 1 cucchiaio di sale
- 2 foglie di alloro
- 2-3 cucchiaiate prezzemolo tritato
- pepe nero macinato fresco
Esecuzione:
12-18 ore prima mettete i fagioli in ammollo in abbondante acqua a temperatura ambiente. L'ammollo può durare anche di più, a secondo della freschezza dei legumi. E' buona norma cambiare l'acqua dell'ammollo ogni 6-8 ore e aspettare che i fagioli ne assorbano tanta da avere la buccia completamente tesa. Delle volte bastano 12 ore, altre invece si arriva anche a 24 e oltre. Dovete riportare insomma la loro idratazione a livelli ottimali.
Fate bollire i fagioli in abbondante acqua non salata fino a che risultino morbidi e cotti ma non sfatti.
In una teglia dai bordi alti mettete l'olio, la cipolla tagliata a tocchetti, i spicchi d'aglio interi se piccoli o tagliati a metà se grandi e i peperoni a rondelle. Se i vostri peperoni non sono friggitelli, eliminate la buccia che è piuttosto spessa e risulta indigesta. (Il mio era un peperone rosso grande...)
Mettete la teglia al forno a 200°C per una ventina di minuti in modo che cipolla e peperoni si ammorbidiscano.
Aggiungete la polpa di pomodoro, il prezzemolo, il sale, le foglie di alloro.
Scolate i fagioli e tenete da parte due tazze dell' acqua della bollitura. Aggiungete i fagioli nella teglia, mischiate con delicatezza, senza disfarli, allungate con le due tazze d'acqua, pepate a piacere e mettete al forno a 200°C per circa 50 minuti. Il tempo che la salsa si restringa e che venga assorbita dai fagioli.
Servite caldi con feta e accompagnati da vino rosso, oppure a temperatura ambiente come antipasto, parte di una proposta di stuzzichini che accompagnano un aperitivo!
Ancora un piatto tradizionale della cucina greca: la tanto buona e tanto umile patatosalata, ovvero insalata di patate. Da purista come sono vi darò la ricetta originale che comprende rigorosamente gli ingredienti che seguono e nella quale l'abbondante uso di olio extravergine di ottima qualità e succo di limone non sono frutto della mia interpretazione, ma elementi portanti della cultura gastronomica e parte integrante della preparazione di una buona patatosalata. Nei ristorantini la troverete in mezzo agli antipasti. Va preparata in anticipo e lasciata in frigo coperta perché sapori e profumi creino una nuova esperienza gustativa. Si serve fredda o a temperatura ambiente. Alcuni (i ristoratori un po' sgangherati per coprire la qualità non ottima dell'olio e chi ha il palato viziato da sapori preconfezionati) aggiungono della maionese già pronta, io qualche volta una carota grattugiata ma la ricetta non prevede ne l'una ne l'altro. Indifferentemente invece potete tagliare la cipolla a cubetti o a fette, usare cipolla bianca o rossa di tropea, ma importante che abbiano i requisiti per essere mangiati crudi. Abbiate l'accortezza che il prezzemolo sia tenero, altrimenti risulterà sgradevole in bocca (mi è capitato con un piatto di una famosa chef... per carità, esperienza indimenticabile...).
Comunque, provate la patatosalata, piatto umile e turisticamente poco conosciuto e se sentite qualche vecchietto greco che dice "noi, cosa avevamo da mangiare allora? Poco e niente... patate bollite e cipolle" sappiate che erano molto più vegan e gourmand di noi...
Ingredienti:
- 1kg di patate pesate bollite e spelate
- 1 cipolla, dolce, tenera e croccante da mangiare cruda (margherita o rossa di tropea)
- 1 cucchiaino di sale
- 1 cucchiaino di origano (meglio se greco o siciliano)
- 2 cucchiaiate abbondanti prezzemolo tritato
- 50ml di succo di limone
- 80-100ml olio d'oliva extravergine di ottima qualità
Esecuzione:
Tagliate la cipolla a tocchetti o fette e mettetela in abbondante acqua fredda.
Mettete le patate a bollire con la buccia in acqua non salata e appena cotte sbucciatele e tagliatele a pezzi grandi.
Aggiungete il sale, l'origano, il prezzemolo, il limone e mischiare con un mestolo di legno. Continuare aggiungendo l'olio poco per volta e le cipolle colate e tamponate in modo che non abbiano acqua.
Una parte delle patate si scioglierà formando una cremina che avvolgerà i pezzi più grandi e interi. Coprite con pellicola e lasciate riposare in frigo per 4 ore prima di servire. Se è una notte, ancora meglio.
Questa torta mi è stata chiesta da chi recentemente ha fatto vacanze in Grecia ed è tornato con la grande voglia di prolungare i piaceri del palato incontrati. Ovviamente non potevo che mettermi all'opera per proporre la miglior ricetta secondo i miei gusti. Non sarà certamente come quella assaggiata in Grecia, ma può essere che sia ancora più buona, dato che mi è stata data da una persona di spessore, rigore, tradizione e buon gusto. Una persona che mi fa da "gruppo di controllo" diciamo. Ogni volta che voglio assicurami sull'autenticità di una ricetta, chiedo a Martha: "Tu come la fai?" E lei subito mi fornisce tutte le versioni e le variazioni che confermano quello che so o deduco da ogni ricetta.
Ravanì (o revanì) per esempio, non avevo mai fatto. Lo avevo soltanto mangiato da piccola fatto dalla madrina di mia sorella e dopo quella meravigliosa teglia di ravanì, non ne ho voluto più vedere per molti anni. Correva l'anno 1987 (l'ultimo atto di un'infanzia felice) mamma, papà, fratello di 3,5 anni e sorellina di 2 anni, tutti insieme ai padrini di mia sorella e la loro piccola figlioletta in vacanze Pasquali ad un remoto villaggio di pescatori: Trikeri! Località stupenda ma poco turistica. Le 4 stanze in affitto su tutto il villaggio erano esclusivamente destinate ad eventuali compaesani emigrati che venivano a fare visita ai parenti e non volendo disturbare preferivano dormire a pagamento. Un Venerdì Santo bellissimo, una veglia Pasquale suggestiva al massimo. La mattina dopo uscimmo per andare al kafeneio centrale (locali che iniziano la giornata di mattina servendo caffè per finire la notte servendo tutto quello che hanno e che possa costituire un pasto) per fare colazione e chiedere informazioni su dove si poteva mangiare. Niente! Tutto chiuso! Le persone di una casa della quale il cortile si affacciava verso kafeneio videro che eravamo in cerca di colazione e uscirono subito fuori: "è tutto chiuso oggi! Domani forse aprono. Venite che vi prepariamo un caffè. Venite, venite! Oggi è festa le case sono aperte a tutti!" Si erano stupiti che noi cercassimo un ristorante, perché pensavano per pranzo fossimo ospiti di qualcuno. Che se avessimo avvertito prima uno dei tanti locali avrebbe aperto. Ci chiesero se volevamo restare (gli arrosti poco più in là erano giravano sullo spiedo) ma i grandi ringraziarono e dissero che avevamo preso con noi roba da mangiare e che avremo festeggiato per Pasquetta, col tradizionale arrosto di agnello. Tornammo alle camere in affitto con mio fratello che durante il tragitto chiedeva a mo' di disco rotto: "Noi mamma agnello? Noi mamma agnello?" "Noi domani! Oggi abbiamo Ravanì" rispondevano i grandi e ridevano. Mi ricordo come fosse ieri la faccia di mio padre e del padrino quando desolati e afflitti in mezzo ai fumi di arrosto attraversati, al loro borbottare "manco una birra non abbiamo..." si sentirono rispondere da mia mamma: "abbiamo il latte dei bambini!" E così fu! Festeggiamo Pasqua a pranzo e a cena con la magnifica teglia di Ravanì preparata dalla madrina di mia sorella e brindando con le scatole di latte a lunga conservazione dei miei fratelli e il giorno dopo di prima mattina ci recammo nella trattoria vicina al mare e ordinammo un agnello arrosto (anche perché di Ravanì credo avessimo leccato pure lo sciroppo...) Furono le ultime vacanze spensierate (e avventurose) della mia infanzia e pochi mesi dopo tutto cambiò nella mia vita...
Dalla ricetta di Martha ho ritoccato la quantità di zucchero e trasformato tutto in grammi piuttosto che in tazze, ma vi assicuro che è molto, ma molto buona. Provatela e poi mi dite...
Ingredienti:
- 5 uova
- 50g di zucchero
- 2 bustine di vanillina
- scorza di una arancia grande, NON trattata
- 140g di semola fine
- 110g di farina 00
- 1 bustina di lievito per dolci
- 50ml succo d'arancia
dopo la cottura:
- 200g zucchero
- pizzico di sale
- 3 gocce di limone
- 100ml acqua
- 100ml succo d'arancia
Esecuzione:
Con le fruste elettriche lavorare bene le uova con 50g di zucchero fino a che non diventino spumose.
Aggiungete la vanillina e la scorza d'arancia.
Incorporare le polveri setacciate (farina, semola fine, lievito) e infine aggiungere i 50ml di succo d'arancia.
Versare su una tortiera piccola, (quelle monouso, di alluminio) e infornare a 180°C in forno statico prescaldato per 40-45 minuti circa. Non c'è bisogno di imburrare e infarinare la tortiera, come per magia la dopo aver bagnato la torta con latte e sciroppo si staccherà da sola.
Appena sfornata bagnatela col latte e subito dopo con lo sciroppo di zucchero, acqua, pizzico di sale e gocce di limone, che avrete fatto bollire per tre minuti e allungato col succo di arancia filtrato.
Lo sciroppo va aggiunto a più riprese perché ci mette un po' per assorbirlo e la teglia essendo piccola non lo contiene tutto in una volta.
Io dopo averla bagnata col latte e un po' di sciroppo l'ho tolta dalla tortiera e l'ho messa in una teglia più grande dopo ho aggiunto il resto dello sciroppo.
Appena si sfredda completamente trasferite in frigo e lasciate che continui ad assorbire per una notte.
Il giorno dopo tagliate rigorosamente a rombi e servite così com'è oppure con una palla di gelato alla crema.
In Grecia di solito si serve fredda dal frigo, con gelato kaimaki. Un gelato fatto di panna e aromatizzato con salep e mastice di Chios (simile alla gomma arabica).
Souvlaki sta per spiedino, quello greco ovviamente! Souvlaki, molto prima di gyros è stato messo nella pita, ma era un street food caratteristico ancor prima che venisse coniato il termine. Era quello che si arrostiva su gran scala durante le feste paesane e le sagre e lo è tuttora! Fatto prevalentemente di carne di maiale ma anche di carne ovina, ultimamente troverete souvlaki anche con carne di pollo. Nelle abitudini gastronomiche più autentiche lo troverete servito con pane e limone. I migliori souvlaki erano quelli della festa di paese, per me nella montagna dei miei avi, a Kissos, su monte Pilio. Ancora ricordo guardare i gesti di chi arrostiva a occhi sgranati in attesa di gustarmi il succulento spiedino. Tirava fuori dalla marinatura gli spiedini e li appoggiava sulla grata sovrapposta al carbone ardente. Girava in continuazione con meticolosa attenzione, controllava. Dopo pochi minuti prendeva una bottiglietta con succo di limone li spruzzava con qualche goccia e li tirava via dal fuoco poggiando li sopra un vassoio pieno di fette di pane. Incassava i soldi, porgendo un scatola di latta che faceva da cassa, dove il cliente metteva i soldi e si serviva da solo per l'eventuale resto, così lui non toccava altro che il cibo. Prendeva in una mano lo spiedino e con l'altra portava la relativa fetta di pane sopra il carbone per abbrustolirla. La girava, la pungeva con la punta dello spiedino e offriva il souvlaki a chi con l'acquolina in bocca stava aspettando. Poi preparava grandi vassoi foderati da carta oleata con pane e mucchio di spiedini poggiati sopra, limone a pezzi e via per servire ai tavoli in festa sulla piazza, accompagnati con vino o birra.
Se volete gustare souvlaki tradizionale greco, seguite la ricetta senza aggiungere o omettere. Il pepe nero per esempio non ci va, altri ingredienti nemmeno. Cipolla o pezzi di peperone in mezzo non ci sono mai stati nel souvlaki greco. Solo certi ristoratori cittadini li adoperavano per mettere meno carne sullo spiedo e solo quando si trattava di spiedo grande in acciaio e non sui spiedini in legno e comunque sia, credo volessero dare una nota di europizzazione del nostro amato e tradizionale souvlaki. Ma souvlaki è souvlaki, da non confondere con gli altrettanto buoni arrosticini o con gli spiedini italiani da sempre composti di un misto tra carne e ortaggi. La cottura deve essere a fuoco alto e breve, altrimenti la carne si asciuga. Insomma chi abbia un po' di esperienza di barbecue si faccia avanti! Arrostite senza bruciare la carne che non deve mai diventare nera! Poi, gustate e ditemi... buono vero?
Ingredienti:
- 1 kg di carne di maiale (capocollo o arista grassa)
- Olio d'oliva extravergine
- 1 cucchiaino di origano greco o siciliano (che è quello assomiglia di più)
- 2 cucchiaini di sale
- Succo di limone
Esecuzione:
Mettete gli stecchini di legno a bagno per una ventina di minuti, in modo che durante la cottura il legno non venga bruciato.
Tagliate la carne a dadini più o meno uguali e passate 7-9 pezzi su ogni stecchino facendo attenzione di distribuire equamente le parti grasse, alternando tra parti grasse e parti magre.
Oleate bene gli spiedini con abbondante olio d'oliva extravergine e solo successivamente spolverateli con sale misto all'origano. Coprite e lasciate in frigo a marinatura anche per una notte intera.
Tirate fuori dal frigo un'ora prima di cuocere.
Io ho usato una piastra in ghisa ma se avete il barbecue a carbone ancora meglio. Scaldate bene poggiate su piastra rovente.
Cuocete girando spesso da tutte le parti fin a che premendo la carne noterete che ha cambiato resistenza alla vostra pressione. Spegnete con qualche goccia di limone, ripulite la piastra (passando un limone tagliato a metà) e proseguite fino a cuocere tutti gli spiedini.
Servite caldi, con pane bagnato nei succhi di cottura rilasciati sul piatto e con ulteriore limone da aggiungere a piacere, oppure usateli per farcire la pita greca, insieme a tzatziki, pomodoro, cipolla e patate fritte.